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diritto minori propria famiglia

Diritto dei minori alla propria famiglia:
legge n. 107/2020 ed istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta

La legge n. 107 del 29 luglio 2020 (in vigore dal 12 settembre 2020) rappresenta un importante segnale per riaffermare il diritto dei minori alla propria famiglia.

Infatti la nuova legge – che fa seguito delle indagini che hanno occupato la Procura della Repubblica di Reggio Emilia in ordine ai presunti reati collegati alle vicende di Bibbiano – esprime la volontà di verificare in modo più stringente e specifico il sistema relativo all’affidamento dei minorenni, all’uopo istituendo una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori.

Istituzione, durata e composizione della Commissione di inchiesta

L’articolo 1 della legge n. 107/2020, proprio al fine di garantire il diritto dei minori alla propria famiglia, istituisce la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori, che concluderà i lavori entro la fine della XVIII legislatura, presentando alle Camere una relazione sulle sue attività di indagine e sui risultati dell’inchiesta.

La Commissione è composta da venti senatori e da venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. I componenti sono nominati tenendo conto anche della specificità dei compiti assegnati alla Commissione.

Compiti della Commissione di inchiesta

L’articolo 3 della legge n. 107/2020 assegna alla Commissione di inchiesta i seguenti compiti:

  • verificare lo stato e l’andamento degli affidatari e delle comunità di tipo familiare che accolgono minori, nonché le condizioni effettive dei minori affidati con riferimento anche al rispetto del principio della necessaria temporaneità dei provvedimenti di affidamento;
  • verificare il numero dei provvedimenti emessi dai tribunali per i minorenni ai sensi degli articoli 330, 332 e 333 del codice civile e dell’articolo 38 disp. att. c.c., dalla data di entrata in vigore della legge n. 219/2012;
  • verificare le modalità operative dei servizi sociali di primo e secondo livello e il loro ruolo nel processo;
  • verificare l’esito attuativo dei provvedimenti emessi dai tribunali per i minorenni ai sensi dei predetti articoli dalla data di entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219;
  • verificare l’effettiva temporaneità dei provvedimenti di affidamento;
  • verificare il rispetto dei requisiti minimi strutturali e organizzativi per le strutture di tipo familiare e le comunità di accoglienza dei minori ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro per la solidarietà sociale 21 maggio 2001, n. 308, nonché il rispetto degli standard minimi dei servizi e dell’assistenza che in base alla disciplina statale e regionale devono essere forniti dalle comunità di tipo familiare che accolgono minori;
  • effettuare controlli, anche a campione, sull’utilizzo delle risorse pubbliche e private destinate alle comunità di tipo familiare che accolgono minori e valutare la congruità dei costi anche con riferimento alle differenze di carattere territoriale;
  • valutare se nella legislazione vigente sia effettivamente garantito il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia e rispettato il principio in base al quale l’allontanamento del minore dalla famiglia di origine deve costituire un rimedio residuale e che in ogni caso esso non può essere disposto per ragioni connesse esclusivamente alle condizioni di indigenza dei genitori;
  • verificare il rispetto del divieto di esercizio delle funzioni di giudice onorario minorile per coloro che rivestono cariche rappresentative in strutture ove vengono inseriti i minori da parte dell’autorità giudiziaria, che partecipano alla gestione complessiva delle medesime strutture, che prestano a favore di esse attività professionale anche a titolo gratuito o che fanno parte degli organi sociali di società che le gestiscono.

Disposizioni in materia di affidamento di minori e accertamento della situazione di abbandono di minori

L’articolo 9 della legge n. 107/2020 inserisce il nuovo comma 3-bis all’articolo 2 della legge n. 184/1983, già recante «Diritto del minore ad una famiglia».

Si riportano, per completezza di esposizione, le principali disposizioni dell’articolo 2 della legge n. 184/183:

  1. Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai sensi dell’articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno.
  2. Ove non sia possibile l’affidamento nei termini di cui al comma 1, è consentito l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza. Per i minori di età inferiore a sei anni l’inserimento può avvenire solo presso una comunità di tipo familiare.
  3. In caso di necessità e urgenza l’affidamento può essere disposto anche senza porre

In aggiunta a tali disposizioni, il nuovo comma 3-bis dell’articolo 2 prevede che:

«I provvedimenti adottati ai sensi dei commi 2 e 3 devono indicare espressamente le ragioni per le quali non si ritiene possibile la permanenza nel nucleo familiare originario e le ragioni per le quali non sia possibile procedere ad un affidamento ad una famiglia, fermo restando quanto disposto dall’articolo 4, comma 3».

Di seguito le principali disposizioni dell’articolo 4 della legge n. 184/1983:

  1. L’affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la responsabilità genitoriale, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. Il giudice tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il provvedimento con decreto.
  2. Ove manchi l’assenso dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale o del tutore, provvede il tribunale per i minorenni.
  3. Nel provvedimento di affidamento familiare devono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell’esercizio dei poteri riconosciuti all’affidatario, e le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti il nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore. Deve altresì essere indicato il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l’affidamento con l’obbligo di tenere costantemente informati il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2. Il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l’affidamento, deve riferire senza indugio al giudice tutelare o al tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2, ogni evento di particolare rilevanza ed è tenuto a presentare una relazione semestrale sull’andamento del programma di assistenza, sulla sua presumibile ulteriore durata e sull’evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza.
  4. Nel provvedimento di cui al comma 3, deve inoltre essere indicato il periodo di presumibile durata dell’affidamento che deve essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d’origine. Tale periodo non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile, dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell’affidamento rechi pregiudizio al minore.
  5. L’affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l’interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia d’origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.

In conclusione, è evidente come la nuova disposizione introdotta dalla Legge n. 107/2020 rafforzi il principio espresso dalla norma di apertura della Legge del 1983 relativa al diritto dei minori alla propria famiglia di origine.

Infatti le condizioni di indigenza dei genitori non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto dei minori alla propria famiglia. Per questa ragione, a favore della famiglia, sono disposti interventi di sostegno e di aiuto. Invece si applicano gli istituti previsti dalla legge 184/1983 soltanto quando la famiglia non è in grado di provvedere alla crescita e all’eduzione del minore.

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