Falsa Testimonianza | Depistaggio | avvocato penalista Andria
DELITTI CONTRO L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA
omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale | omessa denuncia di reato da parte di un incaricato di pubblico servizio | omessa denuncia di reato da parte del cittadino | omissione di referto | rifiuto di uffici legalmente dovuti | simulazione di reato | calunnia | autocalunnia | simulazione o calunnia per un fatto costituente contravvenzione | falso giuramento della parte | false informazioni al pubblico ministero o al procuratore della Corte penale internazionale | depistaggio | false dichiarazioni al difensore | falsa testimonianza | falsa perizia o interpretazione | frode processuale | false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale | intralcio alla giustizia | favoreggiamento personale | favoreggiamento reale | rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale |patrocinio o consulenza infedele | altre infedeltà del patrocinatore o del consulente tecnico | millantato credito del patrocinatore | evasione | procurata evasione | colpa del custode | mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice | esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose | esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone
Il titolo III del libro II del codice penale
disciplina i delitti contro l’amministrazione della giustizia,
suddividendoli in tre capi:
-
delitti contro l’attività giudiziaria;
-
delitti contro l’autorità delle decisioni giudiziarie;
-
tutela arbitraria delle private ragioni.
Il bene giuridico tutelato da tutti i capi relativi ai delitti contro l’amministrazione della giustizia è individuato nel corretto esercizio della funzione giurisdizionale.

Delitti contro l’attività giudiziaria
Il Capo I del Titolo III si occupa in particolare dei delitti contro l’attività giudiziaria.
Si tratta di reati che, pur essendo posti a tutela dell’interesse – comune a tutti i delitti contro l’amministrazione della giustizia – al corretto esercizio della funzione giurisdizionale, presidia in particolare gli aspetti processuali.
I reati previsti dagli articoli da 361 a 365 c.p. proteggono invero l’esigenza che l’Autorità giudiziaria venga informata da chi ha il dovere di farlo e che abbia conseguentemente la possibilità di esercitare l’azione penale.
Si tratta infatti dei delitti di omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale (art. 361 c.p.), da parte di un incaricato di pubblico servizio (art. 362 c.p.), omessa denuncia da parte del cittadino (art. 364 c.p.) con riferimento a delitti contro la personalità dello Stato per i quali la legge preveda la pena dell’ergastolo, omissione di referto (art. 365 c.p.) da parte dell’esercente una professione sanitaria.
L’art. 363 c.p. stabilisce un aggravamento di pena con riguardo ai delitti di omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale e da parte di un incaricato di pubblico servizio qualora l’omissione o il ritardo attenga a un delitto contro la personalità dello Stato.
Il reato di rifiuto di uffici legalmente dovuti, previsto dall’art. 366 c.p., punisce chi, nominato dall’Autorità giudiziaria perito, interprete ovvero custode di cose sottoposte a sequestro dal giudice penale, ottiene con mezzi fraudolenti l’esenzione dall’obbligo di comparire o di prestare il suo ufficio.
I delitti di cui agli articoli da 367 a 370 c.p. tutelano invece l’apparato giudiziario, affinché non venga attivato inutilmente. Ciò avviene infatti nell’ipotesi di simulazione di reato (art. 367 c.p.), calunnia (art. 368 c.p.), autocalunnia (369 c.p.) e simulazione o calunnia per un fatto costituente contravvenzione (370 c.p.).
Vi sono ancora reati che sanzionano il compimento di atti che possano fuorviare l’attività giudiziaria: falso giuramento della parte (art. 371 c.p.), false informazioni al pubblico ministero o al procuratore della Corte penale internazionale (art. 371-bis c.p.), false dichiarazioni al difensore (art. 371-ter c.p.), falsa testimonianza (art. 372 c.p.), falsa perizia o interpretazione (art. 373 c.p.), frode processuale (art. 374 c.p.), false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale (art. 374-bis c.p.), intralcio alla giustizia (art. 377 c.p.).
Fanno altresì parte dei delitti di cui al Capo I i reati di favoreggiamento personale (art. 378 c.p.), favoreggiamento reale (art. 379 c.p.), rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale (art. 379-bis c.p.), patrocinio o consulenza infedele (art. 380 c.p.), altre infedeltà del patrocinatore o del consulente tecnico (art. 381 c.p.), millantato credito del patrocinatore (art. 382 c.p.).
L’art. 384 c.p. prevede una causa di non punibilità per chi commetta i fatti di cui agli articoli 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 374 e 378 c.p. per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore.
Il 2 agosto 2016 è entrata in vigore la Legge n. 133 dell’11 luglio 2016 recante «Introduzione nel codice penale del reato di frode in processo penale e depistaggio».
La legge n. 133/2016 è costituita dai tre seguenti articoli, che introducono nel codice penale il reato di frode in processo penale e depistaggio, le circostanze aggravanti per il caso di condanna e le circostanze speciali:
Articolo 1
- L’articolo 375 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 375 (Frode in processo penale e depistaggio). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre a otto anni il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, al fine di impedire, ostacolare o sviare un’indagine o un processo penale:
- a) immuta artificiosamente il corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone connessi al reato;
- b) richiesto dall’autorità giudiziaria o dalla polizia giudiziaria di fornire informazioni in un procedimento penale, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito.
Se il fatto è commesso mediante distruzione, soppressione, occultamento, danneggiamento, in tutto o in parte, ovvero formazione o artificiosa alterazione, in tutto o in parte, di un documento o di un oggetto da impiegare come elemento di prova o comunque utile alla scoperta del reato o al suo accertamento, la pena è aumentata da un terzo alla metà.
Se il fatto è commesso in relazione a procedimenti concernenti i delitti di cui agli articoli 270, 270-bis, 276, 280, 280-bis, 283, 284, 285, 289-bis, 304, 305, 306, 416-bis, 416-ter e 422 o i reati previsti dall’articolo 2 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, ovvero i reati concernenti il traffico illegale di armi o di materiale nucleare, chimico o biologico e comunque tutti i reati di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni.
La pena è diminuita dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per ripristinare lo stato originario dei luoghi, delle cose, delle persone o delle prove, nonché per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero aiuta concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto oggetto di inquinamento processuale e depistaggio e nell’individuazione degli autori.
Le circostanze attenuanti diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 e dal quarto comma, concorrenti con le aggravanti di cui al secondo e al terzo comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste ultime e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti.
La condanna alla reclusione superiore a tre anni comporta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
La pena di cui ai commi precedenti si applica anche quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio siano cessati dal loro ufficio o servizio.
La punibilità è esclusa se si tratta di reato per cui non si può procedere che in seguito a querela, richiesta o istanza, e questa non è stata presentata.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle indagini e ai processi della Corte penale internazionale in ordine ai crimini definiti dallo Statuto della Corte medesima».
- All’articolo 374, primo comma, del codice penale, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a cinque anni».
[ Si riporta il testo dell’articolo 374 del codice penale, come modificato dalla presente legge:
«Art. 374 (Frode processuale). – Chiunque, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, al fine di trarre in inganno il giudice in un atto d’ispezione o di esperimento giudiziale, ovvero il perito nell’esecuzione di una perizia, immuta artificiosamente lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone, è punito, qualora il fatto non sia preveduto come reato da una particolare disposizione di legge, con la reclusione da uno a cinque anni.
La stessa disposizione si applica se il fatto è commesso nel corso di un procedimento penale, anche davanti alla Corte penale internazionale, o anteriormente ad esso; ma in tal caso la punibilità è esclusa, se si tratta di reato per cui non si può procedere che in seguito a querela, richiesta o istanza, e questa non è stata presentata.». ]
- Dopo l’articolo 383 del codice penale è inserito il seguente:
«Art. 383-bis (Circostanze aggravanti per il caso di condanna). – Nei casi previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter, 372, 373, 374 e 375, la pena è della reclusione da quattro a dieci anni se dal fatto deriva una condanna alla reclusione non superiore a cinque anni; è della reclusione da sei a quattordici anni se dal fatto deriva una condanna superiore a cinque anni; è della reclusione da otto a venti anni se dal fatto deriva una condanna all’ergastolo».
- All’articolo 157, sesto comma, primo periodo, del codice penale, dopo le parole: «agli articoli» sono inserite le seguenti: «375, terzo comma,».
Articolo 2
- Al libro secondo, titolo VII, capo I, del codice penale, dopo l’articolo 384-bis è aggiunto il seguente:
«Art. 384-ter (Circostanze speciali). – Se i fatti di cui agli articoli 371-bis, 371-ter, 372, 374 e 378 sono commessi al fine di impedire, ostacolare o sviare un’indagine o un processo penale in relazione ai delitti di cui agli articoli 270, 270-bis, 276, 280, 280-bis, 283, 284, 285, 289-bis, 304, 305, 306, 416-bis, 416-ter e 422 o ai reati previsti dall’articolo 2 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, ovvero ai reati concernenti il traffico illegale di armi o di materiale nucleare, chimico o biologico e comunque in relazione ai reati di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, la pena è aumentata dalla metà a due terzi e non opera la sospensione del procedimento di cui agli articoli 371-bis e 371-ter.
La pena è diminuita dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per ripristinare lo stato originario dei luoghi, delle cose, delle persone o delle prove, nonché per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero aiuta concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto oggetto di inquinamento processuale e depistaggio e nell’individuazione degli autori».
Articolo 3
- All’articolo 376, primo comma, del codice penale, dopo la parola: «nonché» sono inserite le seguenti: «dall’articolo 375, primo comma, lettera b), e».
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
[ Si riporta il testo dell’articolo 376 del codice penale, come modificato dalla presente legge:
«Art. 376 (Ritrattazione). – Nei casi previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter, 372 e 373, nonché dall’articolo 375, primo comma, lettera b), e dall’articolo 378, il colpevole non è punibile se, nel procedimento penale in cui ha prestato il suo ufficio o reso le sue dichiarazioni, ritratta il falso e manifesta il vero non oltre la chiusura del dibattimento.
Qualora la falsità sia intervenuta in una causa civile, il colpevole non è punibile se ritratta il falso e manifesta il vero prima che sulla domanda giudiziale sia pronunciata sentenza definitiva, anche se non irrevocabile.». ]

Delitti contro l’autorità delle decisioni giudiziarie
Il Capo II disciplina i delitti contro l’autorità delle decisioni giudiziarie.
La declinazione dell’interesse al corretto esercizio della funzione giurisdizionale che viene in rilievo in questo Capo è quella che si sostanzia nella tutela della corretta e puntuale esecuzione delle decisioni e dei provvedimenti giudiziari, senza la quale verrebbe meno la stessa utilità sociale dell’Autorità giudiziaria.
Il Capo II include, tra gli altri, i delitti di evasione (art. 385 c.p.), procurata evasione (art. 386 c.p.), colpa del custode (art. 387 c.p.), mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (art. 388 c.p.).
L’evasione è un reato proprio, in quanto può essere commesso solo da un soggetto che sia legalmente arrestato o detenuto. Si tratta di un delitto che tutela, oltre che il corretto funzionamento dell’amministrazione della giustizia, anche l’interesse al rispetto e al mantenimento delle forme di limitazione della libertà personale disposte dall’Autorità giudiziaria.
Altro delitto rilevante del Capo II è quello di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice.
La fattispecie di cui all’art. 388 c.p. può essere definita come plurioffensiva, in quanto posta a presidio sia delle decisioni dell’Autorità giudiziaria, sia dell’interesse dei privato in favore dei quali il provvedimento sia stato pronunciato. Per questa ragione è anche questo un reato proprio, la cui condotta tipica può essere posta in essere esclusivamente dal destinatario degli obblighi previsti nel provvedimento.

Tutela arbitraria delle private ragioni
Il Capo III è dedicato ai delitti che puniscono le condotte violative del divieto di farsi giustizia da sé.
Abrogati i reati previsti dagli articoli da 394 a 401 c.p., costituiscono reato l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose (392 c.p.) e alle persone (art. 393 c.p.).
Si tratta delle due figure di reato di cd. “ragion fattasi”: l’interesse protetto consiste in queste due ipotesi nel processo inteso come istituzione, quale espressione del monopolio esclusivo dell’Autorità giudiziaria nella risoluzione delle controversie in cui vengano in rilievo contrapposte ragioni.
Tuttavia per la perseguibilità di tali fattispecie delittuose è richiesta la presentazione della querela da parte della persona offesa entro il termine di tre mesi dalla commissione del reato. La perseguibilità a querela di parte è indicativa di un interesse non soltanto pubblico al mantenimento del monopolio dell’Autorità giudiziaria sull’istituzione processo, ma anche di un interesse privato alla risoluzione delle controversie da parte dell’Autorità giudiziaria, purché sia possibile “ricorrere al giudice”, sia nel caso in cui sia utilizzata violenza sulle cose (art. 392 c.p.), sia alle persone (art. 393 c.p.).